Secondo i dettami della psicologia comportamentale, per aiutare chi assume dei comportamenti che procurano sofferenza e disadattamento nella propria vita, si usano delle tecniche che agiscono soltanto su quei comportamenti:
- Decondizionamento e Ricondizionamento;
- Desensibilizzazione, il paziente è esposto progressiva all’evento traumatizzante;
- Flooding, il paziente è esposto rapidamente e molto intensamente all’evento traumatizzante. Al termine dell’esposizione gli verrà detto che non c’è nulla di cui aver paura;
- Stop del pensiero e Diversione dell’attenzione, il paziente deve pensare alla causa del suo disagio arrivando ad avvertire realmente un forte disagio. A questo punto deve dire prima la parola “stop”, per interrompere il disagio, e poi ridirezionare il pensiero verso qualcosa di piacevole;
- Rilassamento, ovvero rilassamento muscolare progressivo di Jacobson, oppure controllo della respirazione, oppure training autogeno, etc.;
- Biofeedback, l’individuo impara a riconoscere, correggere e prevenire le alterazioni fisiologiche che si trovano alla base di diverse condizioni patologiche (cefalea di tipo tensivo, emicrania, ipertensione essenziale, asma, ansia, ecc.) con conseguente riduzione o eliminazione del problema.
La psicoterapia di tipo comportamentale è stata maggiormente utilizzata tra il 1960 e il 1980, ma già dal 1970 ha incominciato a diffondersi la psicoterapia di tipo ‘cognitivo-comportamentale’.
La teoria cognitivista parte dal presupposto che l’interpretazione di quello che percepiamo attraverso i sensi, ha un impatto sulle emozioni e, quindi, sul comportamento: c’è, infatti, una stretta correlazione tra pensiero, emozioni, comportamento.
Ad esempio: quando un cane ritiene (pensiero) di trovarsi in una situazione potenzialmente pericolosa, avverte disagio/ansia/paura (emozioni), e cerca di evitarla/e (comportamento). Al contrario se la situazione è sicura, avverte benessere/tranquillità/felicità, e continua a viverla.
Le emozioni vissute da un cane ancora cucciolo, o comunque non ancora adulto, influenzano significativamente il carattere che avrà da adulto, ovvero dai 2 anni di età in poi.
Ci sono, però, dei fattori fondamentali da tenere in considerazione:
- l’età – perché a parità di durata e frequenza, quel tipo di emozione avrà delle conseguenze nell’adulto tanto maggiori quanto più bassa è stata l’età in cui l’ha vissuta;
- la durata – per quanto tempo il soggetto vive quell’emozione;
- la frequenza – quante volte quell’emozione viene vissuta in un certo lasso di tempo;
- il tipo – emozione positiva o negativa.
Questo significa generalmente due cose:
- più le emozioni vissute sono positive (soprattutto nel primo anno di vita), più il cane potrebbe diventare un adulto consapevole di sé, fiducioso, riflessivo, curioso, aperto alla conoscenza di nuove cose/persone/animali, capace di gestire al meglio potenziali o reali conflitti con altri cani, essere un punto di riferimento per altri cani, umani o altri animali (accreditamento);
- più le emozioni vissute sono negative (soprattutto nel primo anno di vita), più il cane potrebbe diventare un adulto, timido, diffidente, chiuso, bloccato nel fare nuove cose e nuove conoscenze, troppo emotivo, che vorrebbe essere felice ma non riesce o addirittura non ritiene di averne diritto. Questo particolare modo di vivere il mondo potrebbe creare nel cane un malessere interiore così forte da portarlo ad avere degli squilibri emotivi tali da condizionargli sempre più negativamente la sua vita. L’epilogo può essere sempre molto diverso ma raramente si rivela positivo per il cane.
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